Scrivo una serie di considerazioni sull’utilizzo sul campo di strumenti GPS nell’escursionismo. Io pratico solo escursionismo a piedi quindi alcuni concetti potrebbero non essere validi per altre attività.
L’utilizzo di smartphone associato ad una app escursionistica ha alcuni limiti molto importanti, segnalati in altri articoli. L’uso di telefoni detti “rugged” (robusti) riduce di molto questi limiti.
Quando riesco provo diversi modelli di GPS o le principali app per smartphone ma di solito uso un mio Garmin GPSMAP 62s già dal 2012. Prima un Garmin Etrex Vista HCx.
Non utilizzare le funzionalità dello strumento ma quelle della testa
Il modo migliore per utilizzare vari strumenti o per insegnare ad altri le varie metodologie di utilizzo è quello di cercare di sfruttare il minor numero possibile di funzionalità, cercare di adottare un sistema che sia semplice, immediato e che ci sia poco da imparare quando si cambiano gli strumenti. Far fare allo strumento poche semplici cose riduce la possibilità di errore.
Una volta reperita la traccia del percorso che si pensa di seguire durante l’escursione (creata con appositi programmi, passata da qualcuno, trovata nei tanti portali su internet ecc.) si inserisce nello strumento. Ancora a casa, dove è possibile rimediare agli errori, si verifica che sia visibile e utilizzabile. Si attiva la visualizzazione della traccia e della mappa giusta.
Quando si parte per l’escursione basta visualizzare nello strumento la schermata della mappa. Bisogna essere nella condizione di vedere il punto dove ci troviamo e la traccia da seguire.
Non utilizzando le varie funzioni “Vai a”, “Segui”, “Naviga” “TrackBack”, si evitano possibili inconvenienti: lo strumento potrebbe avere “rigidità” difficili da risolvere e bisogna aver imparato l’utilizzo di queste funzioni, sempre diverse, per ogni situazione hardware e software.
Quindi si parte facendo registrare (e visualizzare) allo strumento la nostra traccia. Bisogna controllare, ogni tanto, lo schermo per verificare che la traccia creata e la traccia da seguire tendano a coincidere e in ogni caso che procedano abbastanza vicine e nella stessa direzione. Particolare attenzione si deve porre dopo un incrocio perchè potremmo aver sbagliato percorso e quindi si vedrà, dopo alcune decine di metri, che le tracce divergono, in questo caso si torna all’incrocio o, se c’è la possibilità’ si taglia per tornare sulla traccia corretta.
Alcune situazioni per spiegare la flessibilità di questo sistema:
- Escursione ad anello, si arriva alla partenza ma ci sono problemi per percorrere l’anello nel senso previsto, per esempio la presenza di una battuta al cinghiale, conviene cambiare verso. Se si è abituati ad utilizzare funzionalità occorre almeno essere capaci di invertire il senso. Con questo metodo non cambia niente si parte seguendola dall’altra parte. Molti strumenti non mostrano nemmeno il verso di percorrenza, non ci sono freccine, non sappiamo neanche quale sia il verso;
- Per problemi di viabilità (frane, attività sportive, appuntamenti con altri escursionisti…) non si riesce a raggiungere l’anello dell’escursione nel punto previsto, ma si può arrivare in un altro punto. Usando le funzionalità diventa difficile (spezzare, unire…) con questo metodo si può partire dal nuovo punto senza fare niente;
- La prima volta che feci un’esercitazione con Max Gherardi gli chiesi informazioni sulla funzione “TrackBack” del Garmin. Lui mi rispose “quando sei arrivato al punto dove non riesci a proseguire, girati e segui la tua traccia appena fatta”. “Girati e segui la tua traccia” io rimasi molto stupito, ci pensai per parecchio tempo e capii che le cose erano più facili di quello che credevo.
All’obiezione che utilizzando le funzionalità di navigazione è possibile sapere quale distanza e quanto tempo mancano all’arrivo si può rispondere che dando un’occhiata alla schermata dello strumento zoomando in modo da vedere tutto il percorso, e valutando la nostra posizione rispetto all’insieme si ottiene una stima abbastanza precisa per capire a che punto siamo. Siamo a metà, siamo ancora molto indietro, siamo quasi arrivati… secondo me basta questo, non ho bisogno di sapere che mancano 3,450 km o 57 minuti.
Uso dello strumento per un’attività consapevole e ripetibile
La cosa più importante quando si usa uno strumento di geolocalizzazione durante un’escursione è che si ha sempre la consapevolezza di dove ci si trova (difficile da avere con altri metodi quando si è nel bosco o nella nebbia o comunque in spazi poco aperti, essere sicuri di essere in una valle e non in quella vicina), tenendo controllato lo strumento si vede come e dove si sta procedendo. Se si usa una traccia di riferimento si segue quella, ma anche se si usa solo una valida cartografia, è possibile procedere comunque, in modo “consapevole”.
Sono andato tante volte in escursione con persone che guidavano l’escursione senza strumenti. Spesso conoscevano il percorso a memoria talmente bene che ti descrivevano ogni incrocio prima di arrivarci. Altre volte ci siamo sbagliati. Hanno cercato un po’ e siamo comunque riusciti a concludere l’escursione abbiamo passato una bella giornata, ci siamo divertiti.
Ma in alcuni casi sarebbe meglio dire “siamo comunque riusciti a concludere un’escursione”, abbiamo fatto un altro percorso, non sappiamo bene dove siamo passati, non sappiamo perchè abbiamo sbagliato. Per quasi tutti va bene lo stesso così. A volte succede che ci si sbagli senza neanche rendersene conto. Le nostre colline e montagne sono spesso molto simili. Una volta ho partecipato ad un’escursione pensavamo di aver fatto il percorso indicato nel programma, abbiamo anche trovato la cascata che cercavamo. A casa ho scoperto che il percorso fatto era un altro, la cascata era un’altra. In effetti qualcuno aveva detto che la cascata sembrava più bassa ma nessuno ci aveva fatto caso più di tanto.
Utilizzando lo strumento ci si sbaglia ugualmente, io tenderei a tornare indietro per capire dove ho sbagliato, se il percorso previsto c’è o non esiste, ma spesso quando si è con altri si procede ugualmente, si cerca di tornare sul percorso previsto, a volte non si riesce, ma comunque si sa dove si è passati, dove abbiamo sbagliato, di quanto (pochi metri o di una valle). Quando si analizza l’escursione a posteriori a casa, si hanno informazioni tali da pensare di tornare e fare finalmente l’escursione voluta.
Archiviare le proprie escursioni per vari motivi
Da quando ho avuto uno strumento di geolocalizzazione lo utilizzo in ogni escursione e ho archiviato ogni traccia creata. Dal 2008 sono a ben oltre 500 tracce. La cosa sembrerà maniacale ma per me è molto utile. Ho scarsa capacità di memorizzare e avere un archivio con tutte le escursioni mi permette di fare quello che gli altri fanno, semplicemente perchè si ricordano. Ti ricordi 3 anni fa che siamo andati alle Tombarelle? No! ma ci guardo… trovo la traccia, quando ci siamo andati, il percorso ecc.
Quindi il mio utilizzo dello strumento può essere di tipo documentativo o di ricerca e navigazione.
Documentativo: Quando faccio un’escursione conosciuta, accompagnando, per esempio, qualche amico percorro sentieri che ho già percorso decine di volte, accendo lo strumento e non lo guardo mai. Spesso alla fine mi dimentico anche di spegnerlo e mi traccia fino a casa. Ma ho la traccia nell’archivio. Può anche essere che durante il percorso si incontrino cose da segnalare, fiori per un amico, funghi per un altro, un rudere mai visto, una grotta… Si crea il punto, ma c’è anche la traccia per arrivarci, non sempre il singolo punto permette di localizzare qualcosa senza diventare matti per trovarlo.
Ricerca e navigazione: Altra cosa è quando si esce per cercare qualcosa, un percorso, una cascata, un rudere… In questo caso il GPS è fondamentale, a volte si tiene in mano per quasi tutto il tempo.
A monte c’è un lavoro di ricerca in varie cartografie, anche storiche, si ottiene una possibile traccia, la si controlla su una mappa satellitare per vedere cosa ci aspetta, si inserisce nell’apparecchio e si va. A volte si trova quello cercato altre volte no. Ci si torna e la ricerca continua, la cosa molto importante è che si sa sempre dove si è andati, dove si è passati, quanto ci siamo andati vicino.
Quando si va alla ricerca di qualcosa in genere si è fuori sentiero, lungo versati a volte molto ripidi, boschi poco accessibili e spessissimo occorre fare una valutazione se procedere in quella direzione o è meglio cambiare, ma avendo molto chiaro dove si deve arrivare e dove si è. L’uso del GPS aiuta moltissimo in questi casi, non solo, a volte è lo sprone che permette di fare lo sforzo finale. Mi spiego con un esempio. Siamo lungo un sentiero a mezza costa in un versante con una pendenza molto importante, quei versanti dove devi far affidamento sugli alberi per procedere. Si passa da un albero all’altro per avere la sicurezza di non cominciare a scivolare. Se non abbiamo lo strumento, sappiamo comunque che l’obiettivo è vicino, ma è sopra o sotto al nostro punto sul sentiero, dobbiamo scendere o salire? Se non abbiamo la certezza spesso la motivazione viene meno. Proviamo a scendere, è molto difficile, poi cominciamo a pensare che bisognerà risalire, diciamo che forse è di sopra e torniamo sul sentiero, proviamo di sopra, è una fatica tremenda, forse è di sotto… Se invece nello strumento vedo che l’obiettivo è sopra, a poche decine di metri (planimetrici) a patto di scoppiare vado, sono convinto, quando ho percorso un po’ di bosco, anche per riposarmi un po’, guardo lo strumento, sono più vicino. Vai! non mi ferma più nessuno.
Uso più sportivo dello strumento
Un altro uso che faccio del GPS è quello di cercare di evitare errori di percorso e ridurre il più possibile i momenti di indecisione, diciamo migliorare l’efficienza. Questo è contrario al vero spirito dell’escursionismo e travalica nell’attività sportiva. Quando sono in gruppo questo non serve, si procede in tranquillità, si osserva il paesaggio, le piante, si chiacchiera.
A volte però io ho voglia di fare una lunga escursione, mantenendo una velocità abbastanza sostenuta, non correre ma procedere velocemente. Superando i 25-30 km è necessario perdere poco tempo. Vado da solo, lungo percorsi conosciuti, possibilmente senza troppi ostacoli, di non difficile navigazione.
In questo caso faccio un grosso affidamento sul GPS che mi aiuta a “non perdere tempo”. Spesso la lunghezza è tale che se ci sono inconvenienti si rischia il buio, oppure sbagliare percorso verso la fine quando si è stanchi è molto frustrante e anche pericoloso. Dare un’occhiata abbastanza spesso allo strumento permette di capire presto se si ci si è sbagliati e rimediare velocemente, oppure vedere l’arrivo di un prossimo incrocio e quindi arrivare preparati e non avere nessuna indecisione sulla direzione da prendere, oppure verificare se la lunga salita sta finendo e quindi evitare di fermarsi a riposare ma tenere duro ancora un po’. Questo a me non disturba, anzi, mi rende più sicuro. Controllando i tempi e quindi le medie verifico se mantengo la “tabella di marcia”.
Questo è un uso più sportivo ma possibile. Del resto è quello che fanno tutti runner e chi vive la montagna come attività sportiva.